“Se penso al mio rapporto con Napoli, mi sembra di poterlo esprimere soltanto per immagini. E la prima è quella di Palazzo Donn’Anna” . Una storia per immagini quella cui ci introduce Raffaele La Capria nel volume a cura di Pietro Belli: “Palazzo Donn’Anna. Storia, Arte e Natura”.
La prima monografia, edita da Allemandi, interamente dedicata al Palazzo emblema di Posillipo e uno dei simboli più poetici di Napoli, descritto come “sospeso”, non ben definito: un edificio che appartiene ora alla storia , per la sua imponente architettura, ora alla natura, quando pare confondersi con la linea della costa e si fa tutt’uno col paesaggio.
La costruzione ebbe inizio intorno al 1640 per volere di Anna Carafa e del marito, il viceré spagnolo, Ramiro de Guzmán, ma non fu mai terminata. Il palazzo monumentale in rovina divenne presto un soggetto felice dell’iconografia per artisti napoletani e internazionali.
Donn’Anna è probabilmente uno dei pochi edifici napoletani capaci di superare i confini locali. Commenta l’autore, che prosegue: “Questa prerogativa non deriva solo dal genio di chi lo concepì, ma anche dal suo inserimento in un ambiente naturale eccezionale. La mole barocca è in parte scavata e in parte adagiata su un promontorio di tufo proiettato sul mare, alle pendici della collina di Pausilypon, così chiamata dai Greci per la sua bellezza (dal greco παυσις e λυπων, «pausa al dolore»), da cui si può godere dello straordinario panorama del golfo. Tuttavia, le vicende del palazzo non conobbero pausa al dolore: dai fasti iniziali si passò a un immediato decadimento dovuto a terremoti, saccheggi, crolli e abbandoni che hanno contribuito a creare quell’aura di mistero da cui sono nate le famose leggende popolari legate a donna Anna o alla perfida regina Giovanna, che vi avrebbe ammazzato i suoi amanti. Proprio la sua immagine di monumentale rudere romantico abbandonato alle intemperie del mare e dei venti, deve avere irresistibilmente catturato l’attenzione dei tanti viaggiatori, scrittori e pittori al pari del canto di una sirena”.