Viola e Tosatti: dal Madre alla Biennale di Venezia

EUGEVIO VIOLA: ARTIVISTA DEL CONTEMPORANEO 

04/01/2022

Dal 2019 Chief Curatore del MAMBO, il Museo di Arte Moderna di Bogotá , dopo due anni come Senior Curator del Perth Institute of Contemporary Arts (PICA) in Australia, quest’anno Eugenio Viola è stato scelto dal Ministro Franceschini a curare il Padiglione Italia della 59esima Biennale di Venezia . 

Un ritorno in patria che ha il sapore della rivincita. 

Il curriculum di Viola vanta collaborazioni internazionali, è il curatore napoletano ad essere arrivato più lontano, nel senso letterale del termine. 

Ma il suo è un viaggio soprattutto esistenziale: da sempre attratto da realtà eccentriche, nel senso etimologico del termine, “ex centrum”, quindi fuori dal centro, si è trasferito agli Antipodi in base alla stessa logica. «Penso ad un continente come l’ Australia per me prima inesplorato, e diversamente dal Sud America, un ecosistema artistico a me prima ignoto. Parlerei di un percorso artistico-curatoriale-esistenziale. »

Nato a Napoli, formatosi nel Meridione dove avvia i suoi primi progetti artistici , poi l’incarico nell’emisfero Sud del mondo, quindi l’approdo in America Latina. Insomma: Viva il Sud!

 «Napoli è stata una buona palestra, devi essere un combattente per vivere in questa città. A parte le debite differenze noto grosse similitudini tra le realtà di Bogotá e quella partenopea: sono entrambe città che vivono al limite. Bogotá è una versione esplosa della mia città natale. Qui ritrovo l’anarchia e l’ entropia creativa della napoletanità , la stessa gioia di vivere malgrado tutte le criticità . Ho accettato l’incarico di Capo Curatore al MAMBO perché qui posso essere parte di un processo di ricostruzione civile e sociale attraverso la cultura, e questo è un privilegio, ma anche una responsabilità enorme. »

Eugenio Viola è un outsider, uno senza santi in paradiso. Vive la nomina a curatore del Padiglione Italia della prossima Biennale con un grande senso di responsabilità critica verso il nostro presente storico, ma anche come una rivalsa per tutti quelli come lui. “Devo ringraziare la Direzione Generale Creatività Contemporanea, nella persona di Onofrio Cutaia per avermi invitato a presentare un progetto, ed il Ministro Dario Franceschini, per averlo selezionato.” 

E alla più spinosa delle domande sul perché della scelta di Gianmaria Tosatti come unico autore a rappresentare l’Italia per la 59esima Mostra Internazionale di Arte Contemporanea, dichiara: « Diciamo che allo schema trinitario proposto nelle ultime edizioni del Padiglione italiano , ho risposto con un artista che è uno e trino. Gian Maria ha la capacità di plasmare e risemantizzare gli spazi, concependo non semplici installazioni ambientali, ma dispositivi complessi che inglobano media differenti e suggestioni legate alla tradizione dell‘environment e della performance. Trovo che la sua ricerca artistica sia un unicum nel panorama italiano. »

Come unica è stata la precedente collaborazione tra i due: Sette Stagioni dello Spirito: una vera e propria saga curatoriale durata 3 anni e culminata nel 2016 con una mostra al Madre, l’ ultima di Viola in qualità di curatore del Museo. In quell’occasione vennero riaperti sette luoghi monumentali di Napoli, abbandonati dalla seconda guerra mondiale o dal terremoto dell’80. « Riparto, dunque, per questa nuova avventura, riallacciando una serie di interrotti transiti, legati proprio alla mia città. »

Il ruolo sociale ed etico del Contemporaneo è un elemento imprescindibile della sua ricerca. Viola ha più volte ribadito di non fare “politica”, non si definisce un attivista, ma piuttosto un “artivista” prendendo in prestito una definizione cara a Tania Bruguera. D’altronde, sottolinea , come dice una delle più importanti artiste colombiane viventi, Beatriz González, “l’arte racconta quello che la storia non può raccontare”. 

È la politica a dover dare delle soluzioni, delle risposte, l’arte fa riflettere, ma non ha il potere di cambiare la realtà. Ha piuttosto una funzione maieutica, un potere trasformativo, di risveglio della coscienza. « Ritengo che un progetto, un’opera, una mostra, funzionino quando, dopo averle viste, ti lasciano più domande di quando sei arrivato. »

Specialmente in un presente incerto come quello che viviamo, animato dal rinfocolarsi di estremismi ed intolleranze ad ogni livello: di genere, razziale, cultuale, sociale, politico e culturale, Viola ribadisce un ruolo conciliatore dell’arte che deve ergersi per la coesistenza di ogni possibile differenza, che crei ponti, non barriere. 

AnnaChiara Della Corte 

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