Il mondo dell’arte contemporanea prolifera di nuove risorse, idee e declinazioni dei modi stessi di intendere un’opera.
Millennials a parte, viviamo un’era di ibridazione dove persino le nuove leve sono da definirsi “immigrati digitali”, cui tocca confrontarsi con la digitalizzazione estrema del presente e le più raffinate tecnologie informatiche.
Al confine tra reale e virtuale, Michelangelo Bastiani, giovane promessa del contemporaneo, riproduce una dimensione in cui due realtà convivono, fino quasi a crearne una terza. Un microcosmo perennemente in movimento e in comunicazione con lo spettatore. Analogico e digitale si fondono nei suoi ologrammi racchiusi in bottiglie e barattoli trasparenti, nelle video istallazioni e proiezioni interattive posizionate a parete, come sul pavimento.
La natura, l’acqua, temi particolarmente cari all’artista toscano, vivono in una bolla, che diventa palcoscenico delle opere ma anche loro prigionia.
Un immaginario non tanto lontano del fiabesco Alice in wonderland, dove però non troverete nessuna scritta “drink me” , piuttosto un invito a partecipare con l’opera che si presenterà sottoforma di mini laboratorio ( più simile a quello di un mago che a quello di un biologo). Come un abile prestigiatore, Bastiani ci propone fenomeni naturali di diversa entità, dalle tempeste più tumultuose a soffici “nuvole d’appartamento”, rilassanti ninfei , gelidi iceberg, cascate, fontane, galassie, viaggi al centro della terra. O ancora aggraziate figure femminili: trapeziste e ballerine, la cui frenesia dei movimenti lascia intuire una certa insofferenza nell’essere finite in una, seppur confortevole, trappola di vetro.
Tangibile-Intangibile; Empirico-Astratto.
Lasciamo che sia lo stesso Bastiani a spiegarci come avviene la giustapposizione di questi due mondi.
” L’immagine video nasce attraverso una ripresa con una telecamera digitale nel caso di soggetti animati, per quanto riguarda invece la rappresentazione della natura uso solitamente software 3d per ricreare l’acqua, la nuvola, il tornado , ed i video interattivi.
L’intento è quello di rendere l’immagine video, per sua natura bidimensionale, volumetrica e realistica. La bottiglia nel caso degli ologrammi è il tramite di cui mi servo affinché avvenga questa trasformazione. Si tratta di un effetto ottico che è la chiave del mio lavoro e quindi un fenomeno percettivo spiegabile attraverso alcune delle leggi della Gestalt:
1) buona forma (la struttura percepita è sempre la più semplice);
2) prossimità (gli elementi sono raggruppati in funzione delle distanze);
3) buona continuità (tutti gli elementi sono percepiti come appartenenti ad un insieme coerente e continuo);
4) destino comune (se gli elementi sono in movimento, vengono raggruppati quelli con uno spostamento coerente);
Negli anni ho sentito la necessità di dover coinvolgere lo spettatore in maniera più preponderante attraverso l’interattività diretta. I miei video si modificano al passaggio o movimento del pubblico di fronte l’opera, o quando cammina sulla sua superficie nel caso delle proiezioni sul pavimento. Proprio così: i visitatori devono calpestare l’opera, con gentilezza però…
Il video interattivo è un happening perenne dove l’opera vive e si modifica nel tempo.”
Puoi raccontare delle tue esperienze lavorative oltreoceano? Quali influenze e stimoli hai recepito dal sistema americano, noto per un dialogo più diretto col contemporaneo, l’uso quasi museale degli spazi espositivi (anche i più commerciali), la voglia di impressionare lo spettatore…
“Ho lavorato diversi anni come curatore per progetti di scambi culturali tra l’Italia e gli Stati Uniti collaborando con importanti istituzioni italiane e statunitensi. L’approccio newyorchese al Contemporaneo ha sicuramente esercitato una forte ascendenza sul mio stesso modo di concepire l’arte: i giovedì sera a Chelsea dove in una serata riesci a vedere più mostre insieme che in una settimana a Milano; quel sentimento di partecipazione, la capacità di attrarre anche un pubblico di non “addetti ai lavori”, creando così un evento-show, tutto ciò costituisce un sistema molto valido per avvicinarsi all’arte.
Nel mio caso, il coinvolgimento diretto dello spettatore rende l’opera in continua mutazione, facendole assumere quindi variabili infinite. La relazione tra opera e osservatore si consolida trasformando quella che immaginiamo come la tradizionale visita “passiva” del pubblico in attiva. Penso all’interesse che manifestano i bambini e al loro entusiasmo: quale migliore
testimonianza ed esaltazione del concetto di arte popolare ( inteso e volto ad abbracciare un pubblico sempre più eterogeneo)?
Quindi un’arte non più legata ad una élite di critici, ma che- su più livelli di sensibilizzazione culturale- può interessare anche i meno esperti.”
Michelangelo è un anti-divo, faccio fatica persino a strappargli una foto che lo presenti con le suecreazioni, eppure, poco più che 35enne, vanta già multiple ed importanti collaborazioni per mezzo Stivale ed oltre confine: la Liquid Art System di Capri e Positano, la Aria Art Gallery di Firenze, la Galleria Barbara Paci a Pietrasanta, la Galleria Ca’ D’oro a New York e Miami, la Polyglot Gallery , ad Austin in Texas, e a Parigi da Mark Hachem.
Tra natura e artificio, stasi e movimento, in una ricerca artistica dove l’unica costante sembra la trasformazione, non possiamo fare altro che augurare in bocca al lupo a Bastiani e all’evoluzione creativa delle sue opere nel tempo.